"Wiegala": la Ninna Nanna al tempo dell'Olocausto

21.03.2025
di Simone Bubici

Il 1° settembre 1939 un luminare uomo politico, ex soldato, cancelliere tedesco e brav'uomo dal nome diAdolf Hitler, decideva le sorti da lì in poi, sino al 30 aprile del 1945, di ben sessantuno Paesi.

Lui e i suoi decisero le sorti dell'intero pianeta, di uomini, donne, anziani, bambini, adolescenti nel pieno fervore della loro giovinezza, disabili, omosessuali, laici, dissidenti politici, oppositori ed ebrei, portando il

secondo conflitto mondiale in cima alla triste lista dei conflitti che contano maggiori decessi: si parla di circa settanta milioni. Quale fu la conseguenza?

Una umanità sterminata dal dolore, dalla sofferenza e dall'abiezione. Ce lo dimostra il grande pittore Pablo Picasso in Guernica, con lo squilibrio e l'assenza di forme umane e realistiche, pervase da un senso di lacerazione sociale e di conflitto umano, o l'arte degenerata, così come la popolazione, di George Grosz.

In musica non mancherà questa degenerazione nazifascista. Eppure, un campo come quello musicale, vera espressione per eccellenza delle arti, della bellezza e soprattutto della libertà, è stata sottoposta durante questo periodo al veto antisemita. E nei campi di concentramento, l'ambiente che più incarna la depravazione sociale di quei tempi, un'espressione artistica come la musica poteva avere spazio?

Sì, se di intrattenimento per funzionari nazisti o per le SS. E, addirittura, per mano di musiciste donne. Sono diversi gli esempi musicali di matrice nazista, quali l'Orchestra femminile di Auschwitz, insignita nel 1943 dalla "Bestia di Auschwitz" Maria Mandel, diretta dapprima da Zofìa Czajkowsa, un'insegnante di musica polacca e, a seguire, da Alma Rosè.

Ma la musica non fu solo impiegata per diletto, anzi. Molti sono gli esempi di componimenti che, "penetrando nel proprio silenzio", citando un verso tratto dalla poesia Veglia di Giuseppe Ungaretti, sono stati realizzati per cercare un rifugio all'interno del proprio animo, per distaccarsi dalla realtà

tragica e abietta che circondava loro quotidianamente.

Un lavoro capillare di raccolta di questi componimenti è stato realizzato da Viviana Kasam, giornalista nostra coeva e da Marilena Francese che, con l'aiuto del Maestro Francesco Lotoro, nel 2019 misero in scena a Roma uno spettacolo dal titolo "Libero è il mio canto", motivando la scelta di questa

messa in scena, affermando che: "In un mondo in cui stanno rinascendo razzismi, maschilismi e paura del

diverso è importante dare voce ai valori di umanità, accoglienza, amore ed empatia che contraddistinguono l'universo femminile, mettendo al centro la sofferenza di donne di diverse religioni e di diverse provenienze geografiche e sociali".

Quella sera gli spettatori toccarono con mano la paura ed il terrore, entrarono a stretto contatto con quella intima porta dell'animo che le madri di 80 anni fa, rinchiuse in quei campi, aprirono per i loro figli canticchiando sottovoce le ninna nanne per non farsi sentire dalle guardie nemiche, rasserenando e accarezzando i poveri bambini ormai orfani di padre destinato ai lavori forzati o, in molti casi, già condannato a morte. Kasam ci elenca tra le molte, una versione polacca di Mamma son tanto felice dal testo modificato, e la dolce ninna nanna che Ilse Weber cantò a suo figlio mentre andava con lui alla camera a gas.

Così cantava Ilse Weber, il 6 ottobre 1944, mentre insieme al suo figlio più piccolo Tomas e ad altri quindici bambini entrava nelle docce del campo di concentramento di Auschwitz.

I bambini erano i piccoli malati dell'infermeria del campo di Terezin che Ilse aveva preso in affidamento e che non volle abbandonare quando furono deportati. Weber, poetessa e musicista cecoslovacca, è stata un'affermata autrice di letteratura per bambini. Nel 1930 si trasferì a Praga dove ebbe modo di conoscere e sposare Willi Weber, da cui avrà due figli, Hanus e Tomas. Prima di essere internata riuscì a mettere in salvo il figlio maggiore, mandandolo in Svezia da una sua cara amica. La vita di Ilse ebbe fine quel 6 ottobre del 1944. Insieme a suo figlio e ai bimbi dell'infermeria pediatrica dove ella lavorava, entrò cantando

una Wiegala, una ninna nanna, in quelle docce. Ad ogni nota inalarono il gas a pieni polmoni, finché non caddero tutti insieme in un sonno profondo. Da quel giorno questa ninna nanna fu cantata da altri bambini prima di entrare nelle camere a gas e rimase nella memoria dei sopravvissuti come

simbolo del massacro degli innocenti. Questa è l'ultima testimonianza della scrittrice polacca: "È vero che possiamo fare la doccia dopo il viaggio?", chiese Ilse a un altro deportato. L'uomo, che l'aveva riconosciuta, non se la sentì di mentire e, senza farsi vedere dalle guardie, le disse: "Queste non sono docce, sono camere a gas. Ti consiglio di entrare con i bambini cantando. Canta con loro come hai fatto tante volte, così inalerete più velocemente il gas; altrimenti morirete schiacciati dagli altri quando scoppierà il panico."

Ecco la traduzione italiana del testo originale:

Ninna nanna, ninna nanna, senti,

la lira risuona ai venti.

E sul verde canneto un suon:

il dolce canto dell'usignuol.

Ninna nanna, ninna nanna, senti,

la lira risuona ai venti.

Ninna nanna, ninna nanna, ferma,

la luna è la lanterna.

Sta nell'oscuro ciel rotondo

e guarda fisso giù sul mondo.

Ninna nanna, ninna nanna, ferma,

la luna è la lanterna.Ninna nanna, ninna…, riposa,

la terra è silenziosa.

Silenzio e pace son quaggiù,

mio dolce bimbo, dormi anche tu.

Ninna nanna, ninna…, riposa,

la terra è silenziosa.

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