"L’alba di un capolavoro universale": la prima esecuzione della Nona Sinfonia di Beethoven

07.05.2025
di Roberto Fasciano

Il 7 maggio 1824, al Theater am Kärntnertor di Vienna, il mondo musicale fu testimone di un evento che avrebbe riscritto la storia della sinfonia: la prima esecuzione pubblica della Sinfonia n. 9 in re minore op. 125 di Ludwig van Beethoven. Più che una semplice première, fu una rivoluzione sonora. 

Conosciuta oggi come la Sinfonia Corale, la Nona segnò il vertice della produzione beethoveniana e insieme l'apertura a un nuovo linguaggio sinfonico, destinato a influenzare generazioni di compositori.

L'attesa era altissima: Beethoven, ormai sordo da anni e lontano dalle scene pubbliche, tornava a presentare una sua opera sinfonica dopo più di un decennio dall'ultima esecuzione viennese di una sua sinfonia. Nonostante l'isolamento sociale e le difficoltà economiche, il compositore mise in moto una macchina organizzativa imponente per portare in scena quella che molti già intuivano come un'opera titanica. L'orchestra era composta da alcuni tra i migliori strumentisti viennesi, mentre il coro e i solisti vocali – una novità assoluta per una sinfonia – si preparavano ad affrontare un'impresa senza precedenti.

L'inserimento della voce umana nel quarto movimento rappresentava qualcosa di inaudito. Fino ad allora, la sinfonia era un genere esclusivamente strumentale. Beethoven infranse questa convenzione con audacia, dando forma musicale all'"Inno alla Gioia" di Friedrich Schiller, un poema che incarna ideali di fratellanza universale e libertà spirituale.

Ma non si trattava solo di una trovata spettacolare: la voce, per Beethoven, era necessaria per esprimere quel concetto che la musica strumentale da sola non poteva più contenere. L'umanità intera, attraverso il canto, diventava partecipe di un'esperienza trascendente, universale, capace di unire i popoli sotto l'egida della bellezza e della verità.

La Sinfonia n. 9 si articola in quattro movimenti di straordinaria densità espressiva. L'Allegro ma non troppo, un poco maestoso, primo movimento, apre con un misterioso tremolo di archi da cui emerge un tema oscuro e grandioso. Il successivo Molto vivace, uno Scherzo di forza travolgente, contrasta con il lirismo elegiaco dell'Adagio molto e cantabile. Ma è nel Finale che Beethoven svela la sua visione più ardita, componendo una vera e propria "sinfonia nella sinfonia", con passaggi orchestrali, corali e solistici che si fondono in un organismo coerente e drammatico.

Beethoven anticipa qui l'idea della forma ciclica, riprendendo e trasformando materiali tematici dei movimenti precedenti. L'intervento del baritono che "parla" direttamente alla musica, respingendo i "toni minacciosi" e introducendo il tema della gioia, è un momento teatrale e filosofico senza eguali nella storia della musica.

L'esecuzione fu trionfale. Eppure, Beethoven, completamente sordo, non poté udire l'ovazione del pubblico. Fu la contralto Caroline Unger a toccargli il braccio e farlo voltare verso la sala, dove la folla, in lacrime, lo acclamava. Un'immagine diventata simbolo della distanza fra l'uomo e il genio, ma anche della potenza emotiva della musica.

La Nona Sinfonia non fu solo il punto più alto dell'arte beethoveniana, ma il seme di tutto il Romanticismo musicale. Da Brahms a Mahler, da Wagner a Schönberg, nessuno poté ignorare il monumento sonoro eretto da Beethoven. In essa convivono il rigore formale, l'energia drammatica, la ricerca spirituale e la visione di un'umanità riscattata dall'arte.

Oggi, a due secoli dalla sua prima esecuzione, la Nona continua a commuovere e a ispirare. È diventata patrimonio dell'umanità, tanto da essere adottata dall'Unione Europea come simbolo di unità. Ma soprattutto resta la testimonianza di un uomo che, nel silenzio della sua sordità, riuscì a far risuonare l'armonia dell'universo.

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